giovedì 19 gennaio 2012

segui quotidianosanita.it Share stampa Aids. Los Angeles: obbligo di preservativo per gli attori dei film porno

Decisione senza precedenti nella capitale del cinema americano. Ma i produttori di film hard insorgono: "Da noi con c'è rischio - dicono - perché si fanno costantemente i test e poi costerà troppo e non possiamo permettercelo".

18 GEN - Se la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili è importante per tutti i cittadini, lo è ancor di più per chi ha fatto del sesso il suo lavoro. Ecco perché la AIDS Healthcare Foundation spinge da anni perché sia immesso l’obbligo per chi lavora nell’industria della pornografia di usare i preservativi sul set. La battaglia sembra essere stata vinta, almeno per quanto riguarda i film che vengono girati a Los Angeles: il consiglio comunale della città degli angeli ha infatti approvato un ordinanza che costringe tutti gli attori di film porno che vengono girati nel territorio del Comune ad indossare il profilattico. Ma la decisione ha già suscitato le prime reazioni negative dei produttori cinematografici hard.

Le rimostranze dall’industria sono molteplici. Una riguarda il surplus di costi che questa ordinanza provocherà: “Non è questo il modo migliore di spendere le nostre ultime risorse, quando l’industria è già in crisi e sul punto di collassare”, ha commentato Mitchell Englander, il consigliere comunale che rappresenta la San Fernando Valley, cuore dell’industria porno. “Questa scelta ci potrebbe costare molto, anche portando alla perdita di posti di lavoro”.
Secondo i produttori, infatti, un provvedimento di questo genere è superfluo, visto che il contagio da Aids e da altre malattie sessualmente trasmissibili è tenuto controllo da un rigido programma di analisi cliniche, a cui gli attori si devono sottoporre con regolarità, se vogliono lavorare. E anzi, potrebbe essere controproducente: “Non è realistico pensare che una città da sola possa decidere in che modo vengano girati questi film”, aveva detto Steven Hirsch, presidente della Vivid Enterteinment, famoso marchio per l’intrattenimento per adulti. “Visto che gli utenti hanno chiaramente detto di preferire i film senza condom, questo non farà altro che far sì che l’industria da Los Angeles si sposti altrove, portando via posti di lavoro”.
Un altro problema è quello di capire come si potrà controllare che l’ordinanza venga rispettata, visto che ci sono numerosissimi film pornografici di cui le autorità non sono a conoscenza, perché non vengono presentati i regolari permessi di produzione.

Nonostante queste rimostranze e alcuni problemi tecnici, sembra però che il bisogno di prevenzione abbia avuto la meglio. “Ci sono migliaia di persone che hanno malattie sessualmente trasmissibili in questo tipo di industria, e ancora c’è qualcuno che non vuole affrontare il problema”, ha commentato Michael Weinstein, presidente dell’AIDS Healthcare Foundation, associazione che offre sostegno sanitario e legale alle persone affette da Aids e che aveva raccolto più di 70 mila firme perché l’ordinanza venisse discussa in consiglio comunale. “Talvolta è sembrato quasi che le istituzioni avessero paura di avere a che fare con la classica ‘patata bollente’, e il preservativo sul set era qualcosa di cui non si doveva parlare, perché si trattava di discutere di sesso, e di porno”.
“Oggi invece è un grande giorno, una pietra miliare sia per chi lavora nel mondo della pornografia, che per l’intera società”, ha aggiunto entusiasta alla notizia che l’ordinanza era stata approvata con il 90% dei voti favorevoli. “È la prima volta che si è provato a legiferare su questo tema, ed è molto gratificante che la proposta sia stata supportata quasi all’unanimità”.
Oggi l’associazione sta lavorando perché il provvedimento possa essere esteso all’intera contea. Con la speranza, attraverso il porno, di dare un segnale positivo per la diffusione della prevenzione.

Laura Berardi

Aids: caso profilattico, istruttoria Rai

ROMA - Alle ore 11 di questa mattina gli attivisti del Gay Center distribuiranno preservativi davanti alla sede Rai di Viale Mazzini a Roma. "La manifestazione - si legge in una nota - è organizzata dal Gay Center per protestare contro la censura sul preservativo in occasione della giornata contro l'Aids".
AIDS: RAI AVVIA ISTRUTTORIA SU 'CASO' PROFILATTICO
di Michele Cassano
ROMA - Ufficialmente nessuno si prende la colpa, eppure l'indicazione ai responsabili delle trasmissioni di Radio1 è arrivata: non usare la parola profilattico o preservativo nelle trasmissioni dedicate alla Giornata Mondiale contro l'Aids, che si è svolta ieri. Il ministro della Salute Renato Balduzzi assicura che la prevenzione "passa anche attraverso il preservativo o il profilattico" e il suo dicastero "non si permetterebbe mai" di vietare il vocabolo. Anche l'azienda garantisce che non sono "mai state date indicazioni in tal senso", ricordando "la piena autonomia editoriale di reti e testate". E la direzione generale avvia un'indagine interna per "accertare fatti e procedure".
Fatto sta che la polemica è scoppiata, con interrogazioni al ministro e richieste di chiarimenti ai responsabili della tv pubblica. L'indicazione è arrivata da un'assistente della direzione di Radio1, Laura De Pasquale, con una mail con priorità alta inviata ai responsabili dei programmi dedicati alla Giornata Mondiale, frutto di una convenzione con il dicastero. "Nelle ultime ore - si legge nella mail - il ministero ha ribadito che in nessun intervento deve essere nominata esplicitamente la parola profilattico; bisogna limitarsi al concetto generico di prevenzione nei comportamenti sessuali e alla necessità di sottoporsi al test HIV in caso di potenziale rischio". Il direttore di Radio1 Antonio Preziosi ha precisato che, nei fatti, "non c'é stata alcuna limitazione all'uso della parola profilattico nelle trasmissioni".
La direttiva comunque è arrivata e - secondo quanto si apprende da ambienti di Viale Mazzini -, sarebbe frutto di un "errore di comunicazione": un'indicazione giunta dal ministero in azienda, girata alla De Pasquale e da quest'ultima inoltrata senza avvisare i responsabili. In una nota il portavoce di Balduzzi ha spiegato che il ministero "ha fatto presente che quest'anno la campagna di sensibilizzazione nella Giornata puntava sullo slogan 'Non abbassare la guardia, fai il test'", precisando che "ogni altra iniziativa è responsabilità dei dirigenti Rai". Rosaria Iardino, presidente del Nucleo Persone Sieropositive, intervenuta ieri su Radio1, ha aggiunto che una conduttrice le ha chiesto di parlare solo del test, precisando che l'indicazione veniva dal ministero.
Usigrai e cdr del Giornale Radio Rai, condannando fermamente "l'inaccettabile censura", chiedono a Preziosi di chiarire la vicenda e di prendere provvedimenti. E la direzione generale batte un colpo, incaricando la direzione Internal Auditing "di accertare fatti e procedure adottate nell'implementazione delle attività svolte a supporto della campagna di comunicazione sulla giornata mondiale della lotta all'Aids". Intanto nel mondo politico è polemica. I Radicali, che hanno organizzato un flash mob a Milano per invitare all'uso del preservativo e stigmatizzare l'accaduto e annunciato un altro a Roma davanti la sede della Rai, hanno depositato interrogazioni al ministro Balduzzi e al ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, competente sulle vicende Rai. Ma anche dal Pd Anna Paola Concia e Pina Picerno invocano chiarezza a governo e tv pubblica. Le associazioni che rappresentano le persone omosessuali e difendono i diritti civili chiedono invece una smentita con i fatti.

Gates Foundations porta la lotta all'HIV su Twitter - America24

La Gates Foundation, avviata dal fondatore dell'impero Microsoft Bill Gates e dalla moglia Melinda nella metà degli Novanta, è tra le fondazioni private con scopi filantropici più grandi al mondo. Uno dei più importanti obiettivi che si propone a livello globale è il miglioramento dell'assistenza sanitaria, oltre che la ricerca e l'educazione alla prevenzione per combattere malattie come AIDS e malaria.

Proprio a ridosso della giornata mondiale dedicata alla lotta contro il virus dell'HIV, a inizio dicembre, la Gates Foundation ha diffuso via twitter dieci dati che possono dare un'idea dell'impatto che ha la malattia a livello mondiale, e di come si può ostacolare la sua diffusione.
 
1.
Il 70 per cento dei contagi del virus HIV nel 2010 sono avvenuti in Africa
2. 34 milioni di persone vivono con HIV/AIDS
3. HIV/AIDS si è portato via più di 30 milioni di vite
4. La circoncisione maschile può prevenire le infezioni HIV

5. 2 milioni di bambini vivono con HIV/AIDS. La maggior parte sono stati contagiati durante la gravidanza o l'allattamento

6. Il condagio da madre a figlio è quasi interamente prevenibile, ma rimane basso l'accesso agli strumenti necessari

7. I trattamenti medici per combattere l'HIV hanno salvato 2,5 milioni di vite dal 1995

8. 3,2 milioni di persone ricevono cure per l'HIV grazie al sostegno dei governi a The Global Fund to Fight AIDS, Tuberculosis and Malaria

9. Gli Stati Uniti possono procurare cure salvavita per il virus dell'HIV a chi lo necessita per meno di un dollaro al giorno

10. Per ogni persona che inizia una cura oggi, due vengono contagiate dal virus dell'HIV

“Nessuna correlazione tra Hiv e Aids” Scontro scientifico sulle teorie “negazioniste”

“Nessuna correlazione tra Hiv e Aids”
Scontro scientifico sulle teorie “negazioniste”
Una pubblicazione del professor Peter Duesberg, già ritirata nel 2009 e ora riapparsa su un giornale scientifico italiano riaccende il dibattito sulla correlazione tra il virus e la malattia conclamata. Il timore è che l'articolo insieme ad altri considerati "negazionisti" dia a molti stati il pretesto per non intervenire sul fronte sanitario
“Non ci sono ancora prove che l’HIV causi l’AIDS”. La pubblicazione di uno studio già ritirato nel 2009 a causa delle proteste, e riapparso di recente in una rivista scientifica italiana, l’Italian Journal of Anatomy and Embryology (IJAE) sta creando dibattito nella comunità scientifica.

L’articolo, intitolato AIDS since 1984: No evidence for a new, viral epidemic – not even in Africa, è stato scritto da un team di ricercatori capeggiati da Peter Duesberg dell’Università di Berkeley in California. Duesberg è un nome noto proprio in quanto principale sostenitore delle posizioni “negazioniste” sull’origine dell’AIDS.

Tre anni fa lo stesso studio venne ritirato dalla rivista che lo aveva pubblicato, Medical Hypotheses, a seguito dell’ondata di critiche ricevute. La ritrattazione avvenne non solo per la scarsa qualità dello studio, che fu rivalutata con risultati molto negativi da una commissione di esperti, ma anche perché le opinioni che conteneva sono “potenzialmente dannose per la salute pubblica”. Infatti le teorie secondo cui l’AIDS non sarebbe causato dal virus HIV sono osteggiate da tutti i principali ricercatori del settore ed esperti di politiche mediche.

Lo studio di Duesberg sostiene che in una fase di altissima diffusione dell’HIV in Africa, tra il 2000 e il 2005, la mortalità della popolazione sudafricana non sarebbe aumentata, e che anche oggi non ci sarebbero evidenze di una epidemia fatale di AIDS. L’articolo pubblicato dall’IJAE si conclude con l’affermazione che la contestata decisione del Sudafrica di non accettare di usare i farmaci antiretrovirali comunemente utilizzati per la lotta all’AIDS “ha probabilmente salvato delle vite”.

Di tutt’altro parere Nathan Geffen, della campagna sudafricana Treatment Action Campaign, che ha dichiarato alla rivista Nature che “l’articolo è insensato e non avrebbe dovuto passare la peer review (il processo di controllo che garantisce la correttezza di uno studio scientifico, ndr.). La tesi che l’HIV non causi l’AIDS non ha alcuna credibilità scientifica”.

Nel 2009 a farne le spese fu anche il direttore della rivista Medical Hypotheses, Bruce Charlton, che venne licenziato dall’editore per essersi opposto all’introduzione di un sistema di controllo indipendente. In questo caso l’articolo è stato rifiutato da ben quattro riviste scientifiche prima di venire approvato dall’Italian Journal of Anatomy and Embryology. La pubblicazione è stata accettata dopo una peer review effettuata tra gli altri da Paolo Romagnoli, direttore della rivista e professore ordinario presso l’Università di Firenze. Romagnoli, interpellato dal fattoquotidiano.it, evidenzia come la rivista non abbia modo di dubitare che i dati dello studio siano stati falsificati e per questo ha ritenuto di pubblicare l’articolo. “Ipotesi considerate ‘eretiche’ – aggiunge Romagnoli – purché con qualche fondamento in dati empirici, hanno un ruolo nella ricerca scientifica nella misura in cui richiamano l’attenzione su dati di fatto non ben chiariti dalle teorie del momento e sollecitano a perfezionarle: non a sovvertirle, se non eccezionalmente, ma appunto a perfezionarle”.

Il “negazionismo” sul legame tra HIV e AIDS è considerato un problema poiché fornisce alle istituzioni di alcuni paesi una giustificazione per non mettere in atto politiche sanitarie adeguate. Sin dalla scoperta della malattia negli anni 80, voci dissidenti e complottiste hanno contestato il legame tra HIV e AIDS sostenendo teorie secondo le quali l’HIV non esiste o è inoffensivo, oppure che la malattia sia causata da farmaci e altri fattori. La comunità scientifica ha risposto più volte: nel 2000 con la Dichiarazione di Durban, sottoscritta da 5000 ricercatori tra cui 11 premi Nobel, per sostenere che le tesi negazioniste sono infondate e pericolose e che il legame tra HIV e AIDS è provato scientificamente. Tuttavia, oggi il supporto politico a queste tesi (su Wikipedia se ne possono trovare diverse) come quello del governo sudafricano negli anni 2000, è molto raro e quindi i critici sostengono che il nuovo articolo di Duesberg, pubblicato tra l’altro su una rivista minore, non avrà conseguenze significative.

di Alessandro Delfanti (Twitter: @adelfanti)

Salute: Hiv, un gene il segreto di chi non si ammala

Potrebbe essere nascosto in un gene e nelle sue varianti il segreto di chi non si ammala in seguito al contatto con Hiv. Lo hanno scoperto i ricercatori dell’Università degli Studi di Milano Mara Biasin, Immunologa del Dipartimento di Scienze Cliniche "Luigi Sacco" dell’Università di Milano, Manuela Sironi, dell’Istituto Scientifico Irccs Medea con lo studio coordinato da Mario Clerici dell’Università degli Studi di Milano e della Fondazione Don Gnocchi appena pubblicato sul Journal of Immunology

Esistono individui, definiti Hiv-esposti sieronegativi (HESN) che, nonostante ripetute esposizioni al virus, non presentano i segni clinici della malattia e risultano immuni dalla malattia. I ricercatori italiani hanno scoperto che particolari varianti geniche del gene per il recettore Toll-Like receptor 3 (TLR3) sono molto più frequenti nei soggetti esposti e sieronegativi. Ciò potrebbe essere assai interessante, visto che TLR3 entra in gioco nei meccanismi di riproduzione di molti virus, tra cui l’Hiv. Nei soggetti resistenti la variante di TLR3 permette la attivazione di una risposta immune anti Hiv molto più precoce e potente, che potrebbe essere in grado di impedire la replicazione del virus e dunque la infezione.
(16/01/2012)