mercoledì 11 luglio 2012

Difesa, chiesto test per Hiv nei bandi Lila: "E' una grave discriminazione"

Difesa, chiesto test per Hiv nei bandi
Lila: "E' una grave discriminazione"

La denuncia della Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids. La richiesta anche per accedere alle scuole militari o all'Arma dei Carabinieri. L'Associazione Radicale Certi Diritti ha reso noto di aver inviato un esposto all'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali

di VALERIA PINI


ROMA - Niente divisa per chi si è ammalato di Hiv. Questo anche se si decide di presentarsi per suonare nella banda musicale dell'Arma dei Carabinieri. Ormai tutti i bandi  del ministero della Difesa chiedono ai candidati di presentare un test Hiv negativo, pena l'esclusione. La denuncia della Lega italiana per la lotta contro l'Aids (Lila) parla di "una grave forma di discriminazione nei confronti delle persone con l'Hiv". "Tutti i bandi del ministero della Difesa chiedono esplicitamente ai candidati di presentare un test Hiv negativo pena l'esclusione. Sia che si tratti di suonare nella Banda dell'Arma dei Carabinieri, sia si tratti di tirare con l'arco in un centro agonistico della Marina Militare", si legge in un un comunicato l'Associazione radicale certi diritti.

Niente gravidanza per le candidate. Chi si presenta per un concorso deve sottoporsi a una serie di controlli medici. Oltre al test dell'Hiv, serve quello per l'epatite B e C, un esame radiografico del torace e un'ecografia pelvica. E in alcuni, come nel concorso per accedere al corso per allievi marescialli dell'Arma dei Carabinieri, casi alle allieve si richiede un test di gravidanza, condizione considerata "un temporaneo impedimento" a prestare servizio. Insomma per le aspiranti donne in divisa, conviene prima partorire e solo in seguito ripresentarsi all'esame.

L'esposto all'Ufficio antidiscriminazioni. L'Associazione radicale certi diritti ha inviato un esposto all'Unar (L'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) e all'Oscad (l'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori) segnalando "questa evidentissima forma di discriminazione nei confronti delle persone con Hiv". Tra i bandi sotto accusa e segnalati dalla Lila c'è anche quello che riguarda i 248 posti disponibili per l'accesso ai licei annessi alle Scuole militari. Lila accusa il ministero della Difesa di aver sempre opposto "ragioni che vanno contro il buonsenso, con l'evidenza scientifica e soprattutto con la legge". Secondo l'Associazione radicale certi diritti tutto avviene "in violazione della Legge 135/1990 e di altre norme sul mondo del lavoro, comprese quelle dell'Onu che escludono la possibilità di richiedere il test dell'Hiv ai lavoratori e aspiranti tali".

Porte chiuse  anche per suonare l'ottavino. Il test Hiv "viene richiesto anche ai sedicenni" e gli esempi "sono moltissimi: una persona con l'Hiv non è ammessa. Neanche se in salute, oltre che in ottima forma", spiegano i responsabili di Lila - . Vale per tutti e per tutte le mansioni, compreso suonare l'ottavino in una formazione musicale stabile o nuotare a rana". L'associazione è intervenuta dopo aver ricevuto "segnalazioni di persone che sono in salute e in ottima forma, come sono oggi le persone che vivono con l'hiv. Consapevoli non solo del proprio stato ma anche dei propri diritti, primo fra tutti quello alla non discriminazione.

"Nel silenzio anche di questo governo - conclude Lila -  da mesi è stata depositata in parlamento un'interrogazione a firma radicale che chiede conto della richiesta del test Hiv nei bandi di assunzione e che finora non ha ricevuto alcuna risposta dal ministro Giampaolo di Paola".

I 700 mila dubbi degli italiani su Hiv e Aids Il bilancio di «Telefono verde Iss» dopo 25 anni di attività Chiamano soprattutto uomini fra i 30 e i 39 anni

Rischio di contrarre il virus Hiv se mi punge una zanzara? Posso contagiarmi in piscina o in palestra? Domande che i più giovani ancora rivolgono agli esperti che rispondono al Telefono Verde Aids e IST 800 86106) dell’Istituto Superiore di Sanità, istituito nel 1987 e cofinanziato dal Ministero della Salute. Secondo un recente rapporto sui 25 anni di attività del servizio, anonimo e gratuito, di consulenza telefonica su Aids e Infezioni Sessualmente Trasmesse, più della metà dei circa 700 mila utenti ha chiesto informazioni su come si trasmette il virus e sul test per verificare l'eventuale contagio in seguito a un comportamento a rischio.
Nella maggior parte dei casi sono giovani uomini a chiamare e, nel 2011, le loro telefonate sono state ancora in aumento. È andato invece diminuendo in modo significativo, dall'87 a oggi, il numero di donne che si rivolgono al Telefono verde: probabilmente si affidano ad altri canali. «A chiedere consulenza ai nostri esperti sono soprattutto eterosessuali non tossicodipendenti e coloro che, pur non avendo avuto comportamenti a rischio, temono di essersi esposti al contagio, probabilmente per un'errata informazione o una distorta percezione sulle modalità di trasmissione dell'infezione» spiega Anna Maria Luzi, responsabile dell'Unità operativa Ricerca, comunicazione, formazione dell'Istituto Superiore di Sanità, cui fa capo il servizio. «Se nel 1987 si parlava in particolare a omosessuali e tossicodipendenti, oggi è ormai palese che non esistono gruppi a rischio, ma comportamenti a rischio — sottolinea Luzi —. I tossicodipendenti, poi, hanno altri canali d'informazione, come i Sert; inoltre, fanno meno uso di droga iniettiva, per cui si è ridotto il rischio di infezioni attraverso lo scambio di siringhe».
Ma è soprattutto la disinformazione dei ragazzi a preoccupare. «Avere corrette informazioni sulla prevenzione è ancora più importante nel periodo delle vacanze, quando possono aumentare i comportamenti a rischio — continua l’esperta —. Per esempio, non tutti sanno che il preservativo va usato anche per un solo rapporto sessuale dall'inizio alla fine». Giovanissimi poco informati e quindi più a rischio di contagio? «Il numero di nuove infezioni è costante e non bisogna abbassare la guardia — commenta Gianni Rezza, direttore del Dipartimento Malattie infettive, parassitarie ed immunomediate dell'Istituto Superiore di Sanità — . Oggi le conoscenze di base sono diminuite anche perché sono in calo le campagne di prevenzione e informazione. Inoltre, grazie ai farmaci che tengono sotto controllo l'infezione, è sempre più raro veder morire di Aids un amico, per cui scompare o si attenua la paura che di solito fa aumentare la soglia di attenzione». Da giugno 2010 gli esperti del Telefono verde, che rispondono oltre che in italiano, anche in inglese, francese e portoghese, svolgono counselling telefonico sulle altre infezioni sessualmente trasmesse, come, per esempio, sifilide o gonorrea. A usufruire del servizio telefonico, sempre in anonimato, sono soprattutto uomini (91,6%); la fascia di età più rappresentata tra le persone che contattano il servizio è quella tra i 30 e i 39 anni (41,8%). Circa il 60% di chi si è rivolto agli esperti del Telefono verde ha chiesto informazioni sulle modalità di trasmissione delle infezioni sessuali. Quasi un utente su cinque ha chiamato per sapere quando e se effettuare esami diagnostici e visite specialistiche, a quali strutture pubbliche rivolgersi, con quali modalità di accesso (per esempio, se occorre l'impegnativa del medico di famiglia o bisogna pagare ticket). Tra gli altri quesiti posti: come prevenire le malattie a trasmissione sessuale (4,8%), se e quali sintomi possono presentare (4,9%). «Questi dati suggeriscono la necessità di interventi di prevenzione mirati a fasce di popolazione giovanile», conclude Luzi.

Fonte: http://www.corriere.it/salute/12_luglio_01/aids-hiv-differrenze-dubbi-italiani_40567952-c1cb-11e1-8b65-125b10ae7983.shtmlMaria Giovanna Faiella1 luglio 2012 | 10:18© RIPRODUZIONE RISERVATA

Aids: si' Fda a test Hiv da fare in casa

(ANSA) - ROMA, 4 LUG - Negli Usa da ottobre sara' possibile fare il test dell'Hiv a casa propria, dopo l'approvazione da parte dell'Fda di un kit simile a quello per la gravidanza.

L'approvazione e' arrivata dopo decenni di controversie, riferisce il New York Times, secondo gli esperti potrebbe contribuire a far emergere il gran numero di malati che non sanno di avere il virus. Il test OraQuick si effettua passando un tampone nella bocca e immergendolo poi in una soluzione che da' la risposta in 40 minuti.


http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/scienza/2012/07/04/Aids-Fda-test-Hiv-fare-casa_7139362.html

mercoledì 13 giugno 2012

euro 2012 aids salute

Ha preso il via in questo week end il campionato europeo di calcio EURO 2012, che si svolgerà tra la Polonia e l’Ucraina fino al prossimo 1° di Luglio. Non si tratta di Paesi ricchi e sviluppati dal punto di vista sanitario e come sempre, in caso di grandi organizzazioni sportive di massa l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha stilato un vademecum con i consigli per la salute di chi viaggia in queste aree per seguire le varie partite di calcio. Si tratta di suggerimenti semplici, che però vanno sottolineati, ricordati, soprattutto per ciò che riguarda le malattie a trasmissione sessuale, Aids in primis.

Non tutti gli sportivi infatti lo sanno, ma l’Ucraina è il Paese europeo in cui il virus dell’Hiv è maggiormente diffuso. Secondo gli ultimi dati Unaids, i sieropositivi sono 410.000, l’1,46 % della popolazione adulta totale, percentuale che arriverebbe però, secondo altri dati dell’istituto di sociologia di Kiev fino al 9% tra le prostitute che in Ucraina sembra  raggiungano il numero di 93.000. E’ per questo motivo che il movimento Femen protesta da molto tempo contro questa manifestazione sportiva convinta che l’arrivo presunto di circa 800.000 turisti del calcio possano incentivare la prostituzione tra le giovanissime, anche minorenni, povere, e metterle a rischio di contrarre malattie a trasmissione sessuale ed Aids tra tutte: insomma le donne che protestano a seno nudo per avere un eco mediatico, temono un aumento vertiginoso dei contagi.


http://www.medicinalive.com/medicina-news/euro-2012-consigli-oms-aids-prostituzione/

Aids, si alza l’eta dei sieropositivi
Ma i dati sui malati non coincidono

I resoconti di Roma e Aosta riportano numeri diversi

daniele mammoliti
Hanno un’età compresa tra i 30 e i 50 anni, soprattutto over 40, sono per la maggior parte eterosessuali e scoprono tardi di avere l’Aids, spesso al momento del primo test. E’ l’identikit dei pazienti sieropositivi valdostani che emerge dalle statistiche del Centro operativo Aids e dell’Istituto superiore di Sanità, presentate in un recente convegno a Roma. Numeri che parlano di 87 casi di infezione registrati in Valle dal 1982 ad oggi, di cui uno nel 2010, e dell’assenza di casi pediatrici di malati di Aids.
Le statistiche presentate a Roma non convergono del tutto con le cifre fornite a livello regionale. Lo scorso novembre, in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids, l’assessore regionale alla Sanità Albert Lanièce e il responsabile del reparto ospedaliero Malattie infettive Antonio Traverso avevano parlato di 10 nuovi casi di infezione Hiv nel 2011 e altrettanti nel 2010, per un totale di oltre 120 persone in cura all’ospedale Umberto Parini di Aosta.
Gli approfondimenti sul giornale in edicola oggi


http://edizioni.lastampa.it/aosta/articolo/lstp/9474/

 http://www.ilsecoloxix.it/rw/IlSecoloXIXWEB/sport/foto_trattate/2012/06/07//femen-ucraina-putin--390x180_265x122.jpg


Kiev - Prostituzione e Aids sono tra le piaghe più dolorose che affliggono l’Ucraina e, secondo alcuni osservatori, l’arrivo di circa 800 mila appassionati di calcio da tutto il continente con Euro 2012 potrebbe aggravare ulteriormente la situazione. Nel Paese c’è però chi demonizza gli Europei ormai alle porte, come il movimento femminista Femen, famoso per le proteste a seno nudo, molto efficaci a livello mediatico, e chi come l’ong Aids Alliance ritiene che si tratti di un fenomeno passeggero che non porterà grossi cambiamenti nel mercato della prostituzione.
L’Ucraina è il Paese europeo in cui il virus dell’Hiv è maggiormente diffuso. Secondo i dati pubblicati nel 2007 dall’Unaids, i sieropositivi nella repubblica ex sovietica sono circa 410.000, cioè l’1,46% della popolazione adulta. La percentuale, secondo un’indagine dell’istituto di sociologia di Kiev, toccherebbe però addirittura il 9% tra le prostitute, che in Ucraina si stima siano tra le 63 mila e le 93 mila (ma appena 12 mila secondo il governo).
A dispetto del vorticoso aumento dei prezzi degli alberghi, i primi appassionati di calcio sono già arrivati in Ucraina, e con loro puntuale un buon numero di clienti delle prostitute. Alcune ragazze fanno il mestiere più antico del mondo da tempo, altre approfitteranno del gran numero di stranieri per assicurarsi delle entrate extra, magari trasferendosi per l’occasione in una delle quattro città del torneo. Le organizzazioni umanitarie si attendono che tra loro vi siano anche numerose minorenni provenienti da realtà disagiate e magari schiave di organizzazioni criminali.
«Già da due anni stiamo denunciando i problemi che affliggeranno l’Ucraina con Euro 2012 - dice Inna Shevchenko, un’attivista di Femen -. È già successo, l’Ucraina si è trasformata in un grande bordello. Chiunque sa che in questo Paese è facile per gli uomini soddisfare i propri istinti sessuali. È come un fast food». Inna ha 22 anni ed è una delle leader del gruppo Femen, per lei la colpa di tutto è del governo e dell’Uefa «che stanno organizzando il campionato in questo Paese perché qui si possono guadagnare soldi in maniera molto facile. Qui - prosegue - ci sono donne molto belle ma anche molto povere e poco istruite che non hanno alternative diverse dall’essere schiave a casa, al lavoro o nel mercato della prostituzione». Quando le si chiede di motivare le accuse che rivolge al governo del suo Paese e all’Uefa si limita a rispondere che «il governo ucraino ha interesse a sviluppare la prostituzione perché è davvero un buon business», con il quale «loro fanno soldi, la ragione è molto semplice».
È invece molto più cauto Kostiantin Pertsovski, un dirigente di Aids Alliance in Ucraina, una ong che si batte contro il diffondersi dell’Aids con campagne di prevenzione e informazione, distribuendo preservativi alle prostitute e permettendo loro di fare gratuitamente il test dell’Hiv. «Ovviamente - spiega - ci sarà un aumento della prostituzione durante Euro 2012, perché ci saranno più persone in Ucraina, ma non credo che queste poche settimane lasceranno un segno duraturo. Noi non vediamo tutta questa migrazione di massa di prostitute verso le città di Euro 2012. Ogni estate c’è un aumento del turismo sessuale in alcune aree dell’Ucraina, come la zona di Odessa e la Crimea. Adesso sta succedendo una cosa simile». Pertsovski ammette che «ci sono ragazze che dalle campagne vanno verso le città in cui si giocheranno gli Europei, ma non così tante come sembra ascoltando i media». Infine assicura che Aids Alliance «sta preparando del materiale informativo anche per le nuove arrivate, e opuscoli in inglese in stile `calcistico´ per i tifosi. Distribuiremo materiale informativo e preservativi nelle zone dedicate ai tifosi», precisa.






http://www.ilsecoloxix.it/p/sport/2012/06/07/APYmQrfC-prostitute_ucraina_allarme.shtml#axzz1xeumABK0

Aids: mutazioni preesistenti possono portare a resistenza farmaci

(AGI) - Washington, 11 giu. - In alcuni pazienti affetti dall'Hiv preesistenti mutazioni del virus possono causare lo sviluppo della resistenza ai farmaci somministrati per rallentare la progressione della malattia. E' quanto emerge da uno studio dei ricercatori della Harvard University. La scoperta e' particolarmente importante perche' mentre i ricercatori sanno da tempo che l'HIV puo' sviluppare resistenza ad alcuni medicinali, non si capiva se era basata su preesistenti mutazioni o si dovesse attendere che la mutazione si verificasse. Lo studio, pubblicato su PLoS Computational Biology, apre la strada a nuovi trattamenti piu' efficaci. "Per prevenire l'evoluzione della resistenza - ha detto Pleuny Pennings - abbiamo bisogno di sapere da dove derivano le mutazioni. Se capiamo questo, possiamo pensare a nuovi modi per prevenirlo". Dallo studio dei dati raccolti il 26 trial clinici, Pennings ha riscontrato che, in pazienti in trattamento combinato di inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa (NNRTI), il virus ha piu' probabilita' di sviluppare resistenza poco dopo l'inizio del trattamento o quando il trattamento viene riavviato dopo un'interruzione di una settimana o piu', ma meno probabilita' di sviluppare resistenza piu' tardi durante il trattamento e quando non viene interrotto. Questo ha permesso di capire che le mutazioni erano preesistenti. In studi condotti su donne incinte, trattate con nevirapina per ridurre i rischi di trasmissione al figlio, l'evoluzione della resistenza a questo farmaco per mutazioni preesistenti era ridotta se le donne erano state trattate con ZDV prima di ricevere nevirapina, probabilmente perche' lo ZDV riduce la popolazione virale.



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/201206111504-hpg-rsa1023-aids_mutazioni_preesistenti_possono_portare_a_resistenza_farmaci

AIDS: scoperto perchè alcuni riescono a sopravvivere all'HIV

Promettenti i risultati di un nuovo studio sulla resistenza al virus dell'HIV. Un team internazionale di ricercatori guidati dal Bruce Walker del Ragon Institute in Massachusetts, USA, ha infatti scoperto come mai alcuni individui (circa 1 su 300) presentano la capacità innata di controllare l'HIV senza fare ricorso ai farmaci.
Lo studio, pubblicato su Nature Immunology, mostra come questi individui presentino un ceppo specifico di cellule immunitarie 'killer', molto efficaci contro il virus. "Ogni essere umano presenta delle cellule dette linfociti T citotossici (CTL). Tuttavia, nonostante vengano prodotte in grandissime quantità durante un'infezione da HIV, queste non sono efficaci contro il virus; a meno che non appartengano a uno specifico ceppo che presenta un recettore in grado di riconoscere il virus" ha spiegato Walker.
"Finora, la produzione di un vaccino contro l'HIV è stata inefficace perchè si sono prodotte cellule T, ma del tipo sbagliato. Il prossimo passo è ora capire cosa c'è in questi recettori da renderli così efficaci. Ogni nuova scoperta di questo tipo ci porta un passo più vicini alla sconfitta dell'AIDS".

Fonte: http://news.paginemediche.it/it/230/ultime-notizie/malattie-infettive/detail_178531_aids-scoperto-perche-alcuni-riescono-a-sopravvivere-allhiv.aspx?c1=41

Il virus Hiv
MILANO - E' disponibile in Italia e nel Regno Unito il primo farmaco generico per l'Hiv realizzato dall'azienda farmaceutica Mylan. Lo rende noto l' azienda produttrice, precisando che si tratta di ''compresse rivestite con film di Lamivudina da 150 e da 300 mg'', indicato come ''componente delle terapie di associazione antiretrovirale nel trattamento di adulti con infezione da Virus dell' Immunodeficienza umana (Hiv)''.

In particolare, questo prodotto e' la versione generica delle compresse Epivir prodotte da Gsk. L'autorizzazione al commercio in Italia e' stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del primo maggio scorso.

http://www.ansa.it/web/notizie/specializzati/saluteebenessere/2012/06/12/Aids-disponibile-Italia-primo-farmaco-generico-Hiv_7023013.html

mercoledì 4 aprile 2012

Aids: pazienti 'superinfettati' offrono speranza per vaccino

(AGI) - New York, 30 mar. - Le donne infettate con due diversi ceppi di HIV da due diversi partner sessuali sviluppano una risposta immunitaria piu' forte rispetto alle donne infettate da un solo ceppo. Lo dimostra uno studio pubblicato su PLoS e condotto dai ricercatori del Fred Hutchinson Research Cancer Center di Seattle. Questo tipo di infezione doppia viene chiamato dai medici "superinfezione". La scoperta che una miscela di diversi ceppi di HIV puo' essere un modo per innescare una risposta piu' potente del sistema immunitario puo' risultare strategica negli sforzi di sviluppare un vaccino contro l'HIV. I ricercatori hanno monitorato per cinque anni l'attivita' immunitaria di 12 donne superinfettate in Kenya. Rispetto alle donne con una sola infezione, le donne superinfettate hanno presentato circa il 70 per cento in piu' di anticorpi neutralizzanti. In questi casi la capacita' degli anticorpi nel neutralizzare l'HIV e' stata quasi il 50 per cento piu' forte. "Abbiamo trovato che le donne infettate da un doppio ceppo non solo presentavano una risposta anticorpale piu' potente, ma alcune di esse avevano un'attivita' speciale, cosiddetta d'elite, degli anticorpi, vale a dire un'ampia capacita' di neutralizzare una vasta gamma di ceppi di HIV nel corso di un periodo prolungato di tempo", ha affermato Julie Overbaugh, autore principale dello studio. Solo circa l'1 per cento delle persone affette da HIV presentano "neutralizzatori d'elite", hanno concluso i ricercatori.

giovedì 22 marzo 2012

Aids: studio, in alcune citta' Usa tasso Hiv fra donne nere come in Africa

Roma, 9 mar. (Adnkronos Salute) - I tassi di infezione da Hiv tra le donne nere in alcune parti degli Stati Uniti sono simili a quelli registrati nell'Africa sub-sahariana. Lo rileva lo studio Isis (The Women's Hiv Seroincidence Study), presentato alla Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections in corso a Seattle (Usa). Lo studio ha rilevato un tasso di infezione da Hiv dello 0,24% in un gruppo di quasi 2.100 donne, la maggior parte delle quali di etnia afro-americana. Una percentuale cinque volte superiore rispetto alle stime precedenti emesse dal governo federale. Il tasso più alto di infezione è stato rilevato in sei aree geografiche note per essere duramente colpite dall'epidemia di Hiv e dove la povertà è più diffusa: si tratta di Atlanta, Washington DC, Baltimora, Newark (New Jersey), Harlem (New York City) e Wake County (Carolina del Nord). Fra le donne nere si registra un'incidenza 20 volte superiore di Hiv rispetto alle bianche e quattro volte più alta rispetto alle donne latine. Il virus dell'Aids è dunque una delle principali cause di morte tra le donne nere negli Stati Uniti. Per di più, l'1,5% delle partecipanti ha scoperto la propria sieropositività solo dopo l'arruolamento nello studio. "Le donne di colore negli Stati Uniti sono sproporzionatamente colpite dall'Hiv e la grandezza di questa disparità nelle zone più colpite dall'epidemia dell'Hiv evidenzia la gravità del problema", sottolinea l'autore principale dello studio, Sally Hodder della University of Medicine and Dentistry of New Jersey.

Aids, in Lombardia contagi record

Milano - La Lombardia è la regione con maggiore prevalenza di casi di Aids in Italia (seguita da Lazio ed Emilia Romagna), e dei 4mila circa nuovi casi di hiv che si registrano in Italia ogni anno, il 50% sono lombardi. Sono questi alcuni dati presentati da Cristina Mussini, docente di malattie infettive al Policlinico di Modena, in vista della conferenza “Accesso alle cure”, che si apre oggi a Milano.
«Dagli ultimi dati registrati dall’Istituto superiore di sanità - spiega - emergono alcuni cambiamenti importanti nell’hiv e aids nel nostro paese. L’età media al momento della diagnosi è salita, passando da 25 anni nel 1985 a 36,5 nel 2008, mentre sono cambiate le categorie di trasmissione». I tossicodipendenti sono calati nettamente, scendendo dal 74,6% del 1985 al 7,7% del 2008, mentre i casi da contatto sessuale, sia etero che omosessuale, sono in aumento. Sono passati infatti dal 7,8% del 1985 al 75,7% del 2008. Significativa anche la crescita degli stranieri, saliti dall’11% del 1992 al 31,6% del 2008.
E proprio sugli stranieri, il Network persone sieropositive (Nps) ha riscontrato un ulteriore problema. «Alcune comunità, in particolare quella asiatica - aggiunge Rosaria Iardino, presidente onorario dell’Nps - sono impenetrabili. A Milano ci siamo trovati di fronte un muro del silenzio, nonostante i nostri tentativi di contatto con mediatori culturali. È però importante sapere esattamente quante persone siano sieropositive, per fare una lotta seria all’aids. Con il comune di Milano stiamo cercando una strategia comune, abbiamo messo allo stesso tavolo gli ospedali di malattie infettive e vorremmo si facesse altrettanto anche con tutte le associazioni di lotta all’aids».
Al convegno di oggi parlerà anche Amazin Lethi, donna vietnamita trapiantata negli Usa, attrice e conduttrice di successo, da tempo impegnata con la sua fondazione contro l’hiv, proprio per far breccia nella comunità asiatica e far emergere il problema Aids al suo interno
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Gli studi sul vaccino fanno passi avanti

In laboratorio Un preparato ha dimostrato di poter agire contro tutti i genotipi virali


N el 1989 ha scoperto il virus dell' epatite C (la "terza" dopo la A, trasmessa prevalentemente con cibo e acqua contaminate dal virus A, e la B, veicolata con sangue infetto da virus B). Ora, a 13 anni di distanza, Michael Houghton, dell' University of Alberta in Canada, annuncia un esperimento che potrebbe portare finalmente alla costruzione di un vaccino capace di prevenire l' infezione. Il vaccino, derivato da un singolo ceppo del virus C, sarebbe in grado di neutralizzare tutte e sei le varianti del microrganismo che circolano attualmente nel mondo. Al momento non esiste un vaccino anti-C (per la A e la B, invece, c' è); il virus C, infatti, come quello dell' Aids (Hiv), muta rapidamente, sfuggendo al sistema di sorveglianza immunitaria dell' organismo, ed è anche più virulento dell' Hiv: ecco perché molti pensano che, per l' epatite C, sia quasi impossibile pensare a una vaccinazione capace di neutralizzare tutte e sei le varianti del virus responsabili dell' infezione, nonostante alcuni prototipi siano allo studio da tempo. Uno di questi è costruito con le proteine dell' involucro esterno del virus e, una volta somministrato ad animali da esperimento (scimpanzé), si è rivelato efficace, non tanto nell' impedire il contagio, quanto nel ridurre l' evoluzione di un' infezione già in atto verso la malattia cronica (si tratterebbe, dunque, di un vaccino terapeutico e non preventivo). Un altro vaccino terapeutico è stato sperimentato su piccoli gruppi di pazienti infettati dal virus C del genotipo 1 (quello più frequente nei Paesi occidentali, Stati Uniti compresi) e già sottoposti a terapia anti-virale con interferon e ribavirina . Con risultati da verificare. Adesso la buona notizia è arrivata dal meeting annuale dell' American Society Of Advancement of Sciences (AAAS) che si è tenuto a Vancouver dove Houghton ha parlato dei suoi nuovi esperimenti. In uno studio cosiddetto di fase 1, quindi molto preliminare, i ricercatori hanno iniettato il prototipo di vaccino in 60 individui sani, hanno prelevato il loro sangue e lo hanno messo a contatto con i sei differenti tipi di virus C. E hanno scoperto che il sangue (o meglio gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario dei 60 individui) può neutralizzare tutte le varianti. Houghton è ottimista, ma con cautela. Prima di dichiarare vittoria nei confronti del virus C sono necessari altri test e, se tutto funziona, si dovranno calcolare un minimo di cinque- sette anni prima che un potenziale vaccino si renda disponibile nella pratica clinica. A.Bz. RIPRODUZIONE RISERVATA
Bazzi Adriana
Pagina 54
(11 marzo 2012) - Corriere della Sera

Aids: 689.969 telefonate a numero verde Iss in 24 anni, 74,2% maschi

19 Marzo 2012 - 13:28

(ASCA) - Roma, 19 mar - Maschio, under 40, eterosessuale e residente nelle regioni del Nord Italia. E' questo l'identikit di chi si e' rivolto al Servizio nazionale Telefono Verde Aids e Infezioni Sessualmente Trasmesse (Tva/Ist - 800.061.861) dell'Istituto Superiore di Sanita' nel periodo giugno 1987 - dicembre 2011. In piu' di 24 anni di attivita' il Tva/ist ha ricevuto un totale di 689.969 telefonate, potendo in tal modo definire il profilo della persona che predilige il mezzo telefonico per informarsi sull'HIV e sulle Infezioni a Trasmissione Sessuale.

Da febbraio 2012, inoltre, il Servizio di Hiv/Aids/Ist counselling telefonico, collocato all'interno dell'Unita' Operativa Ricerca psico-socio-comportamentale, Comunicazione, Formazione del Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediata dell'Iss si avvale della consulenza, due volte a settimana, di un legale che fornisce informazioni (in italiano e in inglese) sulla tutela dei diritti delle persone coinvolte nell'infezione da Hiv. La maggior parte delle telefonate finora pervenute riguarda la previdenza e l'assistenza (invalidita', permessi Legge 104/92, indennita', pensioni), la discriminazione e il mobbing sul posto di lavoro, nella scuola e nelle strutture sanitarie, sportive, ricreative. Di frequente le richieste degli utenti che accedono al Tva/Ist riportano episodi di violazione della riservatezza dei dati riguardanti la salute (in particolare la sieropositivita' e la gestione del relativo dato in diversi contesti). Meno frequenti, ma di non minore rilevanza per il carattere estremamente sensibile del tema, sono le richieste di informazione circa le responsabilita' penali in caso di contagio da contatto sessuale.

Delle 689.969 persone che negli anni si sono rivolte al Tva/Ist, il 74,2% sono di sesso maschile.

Il 78% di chi telefona ha tra i 20 e i 39 anni. Inoltre, dal Nord sono giunte 321.670 telefonate (46,6%), dal Centro 196.218 (28,4%), dal Sud 123.495 (17,9%), dalle Isole 43.304 (6,3%). Il gruppo di utenti piu' rappresentato e' costituito da persone non tossicodipendenti che hanno avuto contatti eterosessuali (382.182), in tale numero sono inclusi anche i clienti di prostitute e di transessuali che ne rappresentano il 29,0%. Anche i giovanissimi hanno scelto il Tva/Ist per reperire informazioni; circa 47.000 telefonate (pari al 6,8% del totale delle telefonate pervenute) sono state effettuate da ragazzi tra i 10 e i 19 anni d'eta': il 62,5% da maschi e il 37,4% da femmine.

Da novembre 1995 a dicembre 2011, inoltre, quasi 4.000 telefonate sono giunte da parte di persone straniere, di queste 1.025 (27,6%) da cittadini Africani, 916 (24,7%) da cittadini Americani, 848 (22,9%) da cittadini non appartenenti all'Unione Europea (non Ue), 575 (15,5%) da cittadini dell'Unione Europea (Ue), 324 (8,7%) da cittadini Asiatici e 5 (0,1%) da cittadini che provengono dall'Oceania.

Per 14 (0,4%) utenti non e' stato possibile individuare la provenienza. Solo nell'ultimo anno (1 gennaio - 31 dicembre 2011), il Tva/Ist ha ricevuto un totale di 18.146 telefonate, di queste l'87,5% da persone di sesso maschile.

Infine, da giugno 2010 gli esperti del Tva/Ist rispondono anche su tematiche inerenti le Infezioni a Trasmissione Sessuale (Ist). Tale attivita' di counselling telefonico e' stata avviata nell'ambito del Progetto ''Il counselling telefonico nella prevenzione delle Infezioni Sessualmente Trasmesse'', promosso e finanziato dal Ministero della Salute. Nei primi 18 mesi di lavoro sono pervenute al Tva/Ist 4.296 telefonate, in particolar modo da persone di sesso maschile (92,3%). Durante queste telefonate sono stati posti 18.368 quesiti, che hanno riguardato in particolar modo le modalita' trasmissione (58,3%) e quali esami clinici sono necessari per la diagnosi delle Ist (18,3%).

com-map/cam/alf 


Hiv. Italia unico Paese in Ue ad avere delle proprie ‘Linee Guida’

 

“Ci siamo battuti affinché l’Italia disponesse di un suo Documento di Consenso sul test per l’HIV, bene ora applichiamolo”. Ad affermalo Rosaria Iardino, presidente onorario di Nps (Network Persone Sieropositive), a margine della Conference Hiv in Europe appena conclusa a Copenaghen.

21 MAR - Clinici ed esperti da tutta Europa si sono riuniti per fare il punto sullo stato dell’arte della malattia Aids, dopo la recente richiesta fatta dall’Unione Europea, che faceva seguito ad una precedente del luglio 2008, ad ogni Stato affiliato di intervenire per regolamentare e redigere delle proprie Linee Guida sull’Hiv. L’Italia è il primo Stato membro dell’Unione Europea ad aver da poco redatto una propria legislazione che ha riguardato la riaffermazione della necessità di eseguire il test, proposto specifiche modalità di erogazione del test e della consegna dei risultati sul territorio nazionale e individuato i destinatari sensibili ai quali rivolgere l’offerta del test: infatti circa un terzo delle persone in Italia non sa di essere sieropositivo.

Il ‘Documento di consenso sulle politiche di offerta e le modalità di esecuzione del test per Hiv in Italia’ è stato redatto dalla Commissione Nazionale per i diritti di lotta contro l’Aids con il contributo di tutti i livelli Politico-istituzionali, Società Scientifiche e delle Associazioni di Pazienti. La realizzazione del Documento, ora che è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni, sarà obbligatoria per le Regioni. “Questo Documento – spiega una nota di Nps, Network persone sieropositive - è il maggiore risultato per un ‘Progetto’ portato avanti dai pazienti in prima persona ed è stato avviato grazie all’impegno del Parlamento Italiano che ha approvato all’unanimità una serie di mozioni in soli 2 mesi, quando di norma in Italia, per redigere documentazioni del genere c’è bisogno di iter burocratici di almeno 18 mesi”.

“L’Italia – ha dichiarato Rosaria Iardino, presidente onorario Nps - è stato il primo Paese europeo nel fare un passo importante su come e quando incentivare l’esecuzione del test Hiv: partendo dal presupposto che sono sempre gli Ospedali pubblici i luoghi naturalmente adibiti per l’offerta di un servizio di sanità pubblica e ovviamente l’Hiv ne è ‘regina’. L’unico aspetto che noi non condividiamo, e lo abbiamo fatto presente alla Commissione Aids e all’ex Ministro della Salute il Professor Ferruccio Fazio, è la questione dei grandi minori: cioè quei ragazzi che vanno dai 16 ai 18 anni. Oggi – ha continuato Iardino - il Documento non permette di poter accedere al test a questa fascia di età senza il consenso dei genitori, mentre prima era previsto solo dai 16 anni in giù. In questo modo andremo a perdere una delle fasce più fragili e che ha una percezione dell’Hiv del tutto irreale dei numeri e delle problematiche.”

Nps ha quindi rilanciato il problema di quanti sono sieropositivi senza sapere di esserlo. “Sull’Hiv in Italia c’è una situazione di sommerso estremamente importante (pari al 25%) sovrapponibile a molti altri Paesi europei e simile a quella degli Stati Uniti, che favorisce il perpetuarsi della trasmissione del virus”, ha spiegato Giuliano Rizzardini, Direttore Dipartimento Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera Luigi Sacco di Milano. “L’implementazione di politiche per l’offerta del test sono estremamente importanti (in questo senso l’Italia si sta facendo e si è fatta parte attiva), anche nell’ottica, come recenti studi hanno evidenziato, di come a seguito del riscontro di positività l’offerta e l’esecuzione del test sia ad oggi il miglior mezzo di prevenzione contro la diffusione del virus dell’Hiv”.


21 marzo 2012
© Riproduzione riservata 

Tratto da: http://www.quotidianosanita.it/cronache/articolo.php?articolo_id=8054

giovedì 19 gennaio 2012

segui quotidianosanita.it Share stampa Aids. Los Angeles: obbligo di preservativo per gli attori dei film porno

Decisione senza precedenti nella capitale del cinema americano. Ma i produttori di film hard insorgono: "Da noi con c'è rischio - dicono - perché si fanno costantemente i test e poi costerà troppo e non possiamo permettercelo".

18 GEN - Se la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili è importante per tutti i cittadini, lo è ancor di più per chi ha fatto del sesso il suo lavoro. Ecco perché la AIDS Healthcare Foundation spinge da anni perché sia immesso l’obbligo per chi lavora nell’industria della pornografia di usare i preservativi sul set. La battaglia sembra essere stata vinta, almeno per quanto riguarda i film che vengono girati a Los Angeles: il consiglio comunale della città degli angeli ha infatti approvato un ordinanza che costringe tutti gli attori di film porno che vengono girati nel territorio del Comune ad indossare il profilattico. Ma la decisione ha già suscitato le prime reazioni negative dei produttori cinematografici hard.

Le rimostranze dall’industria sono molteplici. Una riguarda il surplus di costi che questa ordinanza provocherà: “Non è questo il modo migliore di spendere le nostre ultime risorse, quando l’industria è già in crisi e sul punto di collassare”, ha commentato Mitchell Englander, il consigliere comunale che rappresenta la San Fernando Valley, cuore dell’industria porno. “Questa scelta ci potrebbe costare molto, anche portando alla perdita di posti di lavoro”.
Secondo i produttori, infatti, un provvedimento di questo genere è superfluo, visto che il contagio da Aids e da altre malattie sessualmente trasmissibili è tenuto controllo da un rigido programma di analisi cliniche, a cui gli attori si devono sottoporre con regolarità, se vogliono lavorare. E anzi, potrebbe essere controproducente: “Non è realistico pensare che una città da sola possa decidere in che modo vengano girati questi film”, aveva detto Steven Hirsch, presidente della Vivid Enterteinment, famoso marchio per l’intrattenimento per adulti. “Visto che gli utenti hanno chiaramente detto di preferire i film senza condom, questo non farà altro che far sì che l’industria da Los Angeles si sposti altrove, portando via posti di lavoro”.
Un altro problema è quello di capire come si potrà controllare che l’ordinanza venga rispettata, visto che ci sono numerosissimi film pornografici di cui le autorità non sono a conoscenza, perché non vengono presentati i regolari permessi di produzione.

Nonostante queste rimostranze e alcuni problemi tecnici, sembra però che il bisogno di prevenzione abbia avuto la meglio. “Ci sono migliaia di persone che hanno malattie sessualmente trasmissibili in questo tipo di industria, e ancora c’è qualcuno che non vuole affrontare il problema”, ha commentato Michael Weinstein, presidente dell’AIDS Healthcare Foundation, associazione che offre sostegno sanitario e legale alle persone affette da Aids e che aveva raccolto più di 70 mila firme perché l’ordinanza venisse discussa in consiglio comunale. “Talvolta è sembrato quasi che le istituzioni avessero paura di avere a che fare con la classica ‘patata bollente’, e il preservativo sul set era qualcosa di cui non si doveva parlare, perché si trattava di discutere di sesso, e di porno”.
“Oggi invece è un grande giorno, una pietra miliare sia per chi lavora nel mondo della pornografia, che per l’intera società”, ha aggiunto entusiasta alla notizia che l’ordinanza era stata approvata con il 90% dei voti favorevoli. “È la prima volta che si è provato a legiferare su questo tema, ed è molto gratificante che la proposta sia stata supportata quasi all’unanimità”.
Oggi l’associazione sta lavorando perché il provvedimento possa essere esteso all’intera contea. Con la speranza, attraverso il porno, di dare un segnale positivo per la diffusione della prevenzione.

Laura Berardi

Aids: caso profilattico, istruttoria Rai

ROMA - Alle ore 11 di questa mattina gli attivisti del Gay Center distribuiranno preservativi davanti alla sede Rai di Viale Mazzini a Roma. "La manifestazione - si legge in una nota - è organizzata dal Gay Center per protestare contro la censura sul preservativo in occasione della giornata contro l'Aids".
AIDS: RAI AVVIA ISTRUTTORIA SU 'CASO' PROFILATTICO
di Michele Cassano
ROMA - Ufficialmente nessuno si prende la colpa, eppure l'indicazione ai responsabili delle trasmissioni di Radio1 è arrivata: non usare la parola profilattico o preservativo nelle trasmissioni dedicate alla Giornata Mondiale contro l'Aids, che si è svolta ieri. Il ministro della Salute Renato Balduzzi assicura che la prevenzione "passa anche attraverso il preservativo o il profilattico" e il suo dicastero "non si permetterebbe mai" di vietare il vocabolo. Anche l'azienda garantisce che non sono "mai state date indicazioni in tal senso", ricordando "la piena autonomia editoriale di reti e testate". E la direzione generale avvia un'indagine interna per "accertare fatti e procedure".
Fatto sta che la polemica è scoppiata, con interrogazioni al ministro e richieste di chiarimenti ai responsabili della tv pubblica. L'indicazione è arrivata da un'assistente della direzione di Radio1, Laura De Pasquale, con una mail con priorità alta inviata ai responsabili dei programmi dedicati alla Giornata Mondiale, frutto di una convenzione con il dicastero. "Nelle ultime ore - si legge nella mail - il ministero ha ribadito che in nessun intervento deve essere nominata esplicitamente la parola profilattico; bisogna limitarsi al concetto generico di prevenzione nei comportamenti sessuali e alla necessità di sottoporsi al test HIV in caso di potenziale rischio". Il direttore di Radio1 Antonio Preziosi ha precisato che, nei fatti, "non c'é stata alcuna limitazione all'uso della parola profilattico nelle trasmissioni".
La direttiva comunque è arrivata e - secondo quanto si apprende da ambienti di Viale Mazzini -, sarebbe frutto di un "errore di comunicazione": un'indicazione giunta dal ministero in azienda, girata alla De Pasquale e da quest'ultima inoltrata senza avvisare i responsabili. In una nota il portavoce di Balduzzi ha spiegato che il ministero "ha fatto presente che quest'anno la campagna di sensibilizzazione nella Giornata puntava sullo slogan 'Non abbassare la guardia, fai il test'", precisando che "ogni altra iniziativa è responsabilità dei dirigenti Rai". Rosaria Iardino, presidente del Nucleo Persone Sieropositive, intervenuta ieri su Radio1, ha aggiunto che una conduttrice le ha chiesto di parlare solo del test, precisando che l'indicazione veniva dal ministero.
Usigrai e cdr del Giornale Radio Rai, condannando fermamente "l'inaccettabile censura", chiedono a Preziosi di chiarire la vicenda e di prendere provvedimenti. E la direzione generale batte un colpo, incaricando la direzione Internal Auditing "di accertare fatti e procedure adottate nell'implementazione delle attività svolte a supporto della campagna di comunicazione sulla giornata mondiale della lotta all'Aids". Intanto nel mondo politico è polemica. I Radicali, che hanno organizzato un flash mob a Milano per invitare all'uso del preservativo e stigmatizzare l'accaduto e annunciato un altro a Roma davanti la sede della Rai, hanno depositato interrogazioni al ministro Balduzzi e al ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, competente sulle vicende Rai. Ma anche dal Pd Anna Paola Concia e Pina Picerno invocano chiarezza a governo e tv pubblica. Le associazioni che rappresentano le persone omosessuali e difendono i diritti civili chiedono invece una smentita con i fatti.

Gates Foundations porta la lotta all'HIV su Twitter - America24

La Gates Foundation, avviata dal fondatore dell'impero Microsoft Bill Gates e dalla moglia Melinda nella metà degli Novanta, è tra le fondazioni private con scopi filantropici più grandi al mondo. Uno dei più importanti obiettivi che si propone a livello globale è il miglioramento dell'assistenza sanitaria, oltre che la ricerca e l'educazione alla prevenzione per combattere malattie come AIDS e malaria.

Proprio a ridosso della giornata mondiale dedicata alla lotta contro il virus dell'HIV, a inizio dicembre, la Gates Foundation ha diffuso via twitter dieci dati che possono dare un'idea dell'impatto che ha la malattia a livello mondiale, e di come si può ostacolare la sua diffusione.
 
1.
Il 70 per cento dei contagi del virus HIV nel 2010 sono avvenuti in Africa
2. 34 milioni di persone vivono con HIV/AIDS
3. HIV/AIDS si è portato via più di 30 milioni di vite
4. La circoncisione maschile può prevenire le infezioni HIV

5. 2 milioni di bambini vivono con HIV/AIDS. La maggior parte sono stati contagiati durante la gravidanza o l'allattamento

6. Il condagio da madre a figlio è quasi interamente prevenibile, ma rimane basso l'accesso agli strumenti necessari

7. I trattamenti medici per combattere l'HIV hanno salvato 2,5 milioni di vite dal 1995

8. 3,2 milioni di persone ricevono cure per l'HIV grazie al sostegno dei governi a The Global Fund to Fight AIDS, Tuberculosis and Malaria

9. Gli Stati Uniti possono procurare cure salvavita per il virus dell'HIV a chi lo necessita per meno di un dollaro al giorno

10. Per ogni persona che inizia una cura oggi, due vengono contagiate dal virus dell'HIV

“Nessuna correlazione tra Hiv e Aids” Scontro scientifico sulle teorie “negazioniste”

“Nessuna correlazione tra Hiv e Aids”
Scontro scientifico sulle teorie “negazioniste”
Una pubblicazione del professor Peter Duesberg, già ritirata nel 2009 e ora riapparsa su un giornale scientifico italiano riaccende il dibattito sulla correlazione tra il virus e la malattia conclamata. Il timore è che l'articolo insieme ad altri considerati "negazionisti" dia a molti stati il pretesto per non intervenire sul fronte sanitario
“Non ci sono ancora prove che l’HIV causi l’AIDS”. La pubblicazione di uno studio già ritirato nel 2009 a causa delle proteste, e riapparso di recente in una rivista scientifica italiana, l’Italian Journal of Anatomy and Embryology (IJAE) sta creando dibattito nella comunità scientifica.

L’articolo, intitolato AIDS since 1984: No evidence for a new, viral epidemic – not even in Africa, è stato scritto da un team di ricercatori capeggiati da Peter Duesberg dell’Università di Berkeley in California. Duesberg è un nome noto proprio in quanto principale sostenitore delle posizioni “negazioniste” sull’origine dell’AIDS.

Tre anni fa lo stesso studio venne ritirato dalla rivista che lo aveva pubblicato, Medical Hypotheses, a seguito dell’ondata di critiche ricevute. La ritrattazione avvenne non solo per la scarsa qualità dello studio, che fu rivalutata con risultati molto negativi da una commissione di esperti, ma anche perché le opinioni che conteneva sono “potenzialmente dannose per la salute pubblica”. Infatti le teorie secondo cui l’AIDS non sarebbe causato dal virus HIV sono osteggiate da tutti i principali ricercatori del settore ed esperti di politiche mediche.

Lo studio di Duesberg sostiene che in una fase di altissima diffusione dell’HIV in Africa, tra il 2000 e il 2005, la mortalità della popolazione sudafricana non sarebbe aumentata, e che anche oggi non ci sarebbero evidenze di una epidemia fatale di AIDS. L’articolo pubblicato dall’IJAE si conclude con l’affermazione che la contestata decisione del Sudafrica di non accettare di usare i farmaci antiretrovirali comunemente utilizzati per la lotta all’AIDS “ha probabilmente salvato delle vite”.

Di tutt’altro parere Nathan Geffen, della campagna sudafricana Treatment Action Campaign, che ha dichiarato alla rivista Nature che “l’articolo è insensato e non avrebbe dovuto passare la peer review (il processo di controllo che garantisce la correttezza di uno studio scientifico, ndr.). La tesi che l’HIV non causi l’AIDS non ha alcuna credibilità scientifica”.

Nel 2009 a farne le spese fu anche il direttore della rivista Medical Hypotheses, Bruce Charlton, che venne licenziato dall’editore per essersi opposto all’introduzione di un sistema di controllo indipendente. In questo caso l’articolo è stato rifiutato da ben quattro riviste scientifiche prima di venire approvato dall’Italian Journal of Anatomy and Embryology. La pubblicazione è stata accettata dopo una peer review effettuata tra gli altri da Paolo Romagnoli, direttore della rivista e professore ordinario presso l’Università di Firenze. Romagnoli, interpellato dal fattoquotidiano.it, evidenzia come la rivista non abbia modo di dubitare che i dati dello studio siano stati falsificati e per questo ha ritenuto di pubblicare l’articolo. “Ipotesi considerate ‘eretiche’ – aggiunge Romagnoli – purché con qualche fondamento in dati empirici, hanno un ruolo nella ricerca scientifica nella misura in cui richiamano l’attenzione su dati di fatto non ben chiariti dalle teorie del momento e sollecitano a perfezionarle: non a sovvertirle, se non eccezionalmente, ma appunto a perfezionarle”.

Il “negazionismo” sul legame tra HIV e AIDS è considerato un problema poiché fornisce alle istituzioni di alcuni paesi una giustificazione per non mettere in atto politiche sanitarie adeguate. Sin dalla scoperta della malattia negli anni 80, voci dissidenti e complottiste hanno contestato il legame tra HIV e AIDS sostenendo teorie secondo le quali l’HIV non esiste o è inoffensivo, oppure che la malattia sia causata da farmaci e altri fattori. La comunità scientifica ha risposto più volte: nel 2000 con la Dichiarazione di Durban, sottoscritta da 5000 ricercatori tra cui 11 premi Nobel, per sostenere che le tesi negazioniste sono infondate e pericolose e che il legame tra HIV e AIDS è provato scientificamente. Tuttavia, oggi il supporto politico a queste tesi (su Wikipedia se ne possono trovare diverse) come quello del governo sudafricano negli anni 2000, è molto raro e quindi i critici sostengono che il nuovo articolo di Duesberg, pubblicato tra l’altro su una rivista minore, non avrà conseguenze significative.

di Alessandro Delfanti (Twitter: @adelfanti)

Salute: Hiv, un gene il segreto di chi non si ammala

Potrebbe essere nascosto in un gene e nelle sue varianti il segreto di chi non si ammala in seguito al contatto con Hiv. Lo hanno scoperto i ricercatori dell’Università degli Studi di Milano Mara Biasin, Immunologa del Dipartimento di Scienze Cliniche "Luigi Sacco" dell’Università di Milano, Manuela Sironi, dell’Istituto Scientifico Irccs Medea con lo studio coordinato da Mario Clerici dell’Università degli Studi di Milano e della Fondazione Don Gnocchi appena pubblicato sul Journal of Immunology

Esistono individui, definiti Hiv-esposti sieronegativi (HESN) che, nonostante ripetute esposizioni al virus, non presentano i segni clinici della malattia e risultano immuni dalla malattia. I ricercatori italiani hanno scoperto che particolari varianti geniche del gene per il recettore Toll-Like receptor 3 (TLR3) sono molto più frequenti nei soggetti esposti e sieronegativi. Ciò potrebbe essere assai interessante, visto che TLR3 entra in gioco nei meccanismi di riproduzione di molti virus, tra cui l’Hiv. Nei soggetti resistenti la variante di TLR3 permette la attivazione di una risposta immune anti Hiv molto più precoce e potente, che potrebbe essere in grado di impedire la replicazione del virus e dunque la infezione.
(16/01/2012)