giovedì 22 marzo 2012

Aids: studio, in alcune citta' Usa tasso Hiv fra donne nere come in Africa

Roma, 9 mar. (Adnkronos Salute) - I tassi di infezione da Hiv tra le donne nere in alcune parti degli Stati Uniti sono simili a quelli registrati nell'Africa sub-sahariana. Lo rileva lo studio Isis (The Women's Hiv Seroincidence Study), presentato alla Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections in corso a Seattle (Usa). Lo studio ha rilevato un tasso di infezione da Hiv dello 0,24% in un gruppo di quasi 2.100 donne, la maggior parte delle quali di etnia afro-americana. Una percentuale cinque volte superiore rispetto alle stime precedenti emesse dal governo federale. Il tasso più alto di infezione è stato rilevato in sei aree geografiche note per essere duramente colpite dall'epidemia di Hiv e dove la povertà è più diffusa: si tratta di Atlanta, Washington DC, Baltimora, Newark (New Jersey), Harlem (New York City) e Wake County (Carolina del Nord). Fra le donne nere si registra un'incidenza 20 volte superiore di Hiv rispetto alle bianche e quattro volte più alta rispetto alle donne latine. Il virus dell'Aids è dunque una delle principali cause di morte tra le donne nere negli Stati Uniti. Per di più, l'1,5% delle partecipanti ha scoperto la propria sieropositività solo dopo l'arruolamento nello studio. "Le donne di colore negli Stati Uniti sono sproporzionatamente colpite dall'Hiv e la grandezza di questa disparità nelle zone più colpite dall'epidemia dell'Hiv evidenzia la gravità del problema", sottolinea l'autore principale dello studio, Sally Hodder della University of Medicine and Dentistry of New Jersey.

Aids, in Lombardia contagi record

Milano - La Lombardia è la regione con maggiore prevalenza di casi di Aids in Italia (seguita da Lazio ed Emilia Romagna), e dei 4mila circa nuovi casi di hiv che si registrano in Italia ogni anno, il 50% sono lombardi. Sono questi alcuni dati presentati da Cristina Mussini, docente di malattie infettive al Policlinico di Modena, in vista della conferenza “Accesso alle cure”, che si apre oggi a Milano.
«Dagli ultimi dati registrati dall’Istituto superiore di sanità - spiega - emergono alcuni cambiamenti importanti nell’hiv e aids nel nostro paese. L’età media al momento della diagnosi è salita, passando da 25 anni nel 1985 a 36,5 nel 2008, mentre sono cambiate le categorie di trasmissione». I tossicodipendenti sono calati nettamente, scendendo dal 74,6% del 1985 al 7,7% del 2008, mentre i casi da contatto sessuale, sia etero che omosessuale, sono in aumento. Sono passati infatti dal 7,8% del 1985 al 75,7% del 2008. Significativa anche la crescita degli stranieri, saliti dall’11% del 1992 al 31,6% del 2008.
E proprio sugli stranieri, il Network persone sieropositive (Nps) ha riscontrato un ulteriore problema. «Alcune comunità, in particolare quella asiatica - aggiunge Rosaria Iardino, presidente onorario dell’Nps - sono impenetrabili. A Milano ci siamo trovati di fronte un muro del silenzio, nonostante i nostri tentativi di contatto con mediatori culturali. È però importante sapere esattamente quante persone siano sieropositive, per fare una lotta seria all’aids. Con il comune di Milano stiamo cercando una strategia comune, abbiamo messo allo stesso tavolo gli ospedali di malattie infettive e vorremmo si facesse altrettanto anche con tutte le associazioni di lotta all’aids».
Al convegno di oggi parlerà anche Amazin Lethi, donna vietnamita trapiantata negli Usa, attrice e conduttrice di successo, da tempo impegnata con la sua fondazione contro l’hiv, proprio per far breccia nella comunità asiatica e far emergere il problema Aids al suo interno
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Gli studi sul vaccino fanno passi avanti

In laboratorio Un preparato ha dimostrato di poter agire contro tutti i genotipi virali


N el 1989 ha scoperto il virus dell' epatite C (la "terza" dopo la A, trasmessa prevalentemente con cibo e acqua contaminate dal virus A, e la B, veicolata con sangue infetto da virus B). Ora, a 13 anni di distanza, Michael Houghton, dell' University of Alberta in Canada, annuncia un esperimento che potrebbe portare finalmente alla costruzione di un vaccino capace di prevenire l' infezione. Il vaccino, derivato da un singolo ceppo del virus C, sarebbe in grado di neutralizzare tutte e sei le varianti del microrganismo che circolano attualmente nel mondo. Al momento non esiste un vaccino anti-C (per la A e la B, invece, c' è); il virus C, infatti, come quello dell' Aids (Hiv), muta rapidamente, sfuggendo al sistema di sorveglianza immunitaria dell' organismo, ed è anche più virulento dell' Hiv: ecco perché molti pensano che, per l' epatite C, sia quasi impossibile pensare a una vaccinazione capace di neutralizzare tutte e sei le varianti del virus responsabili dell' infezione, nonostante alcuni prototipi siano allo studio da tempo. Uno di questi è costruito con le proteine dell' involucro esterno del virus e, una volta somministrato ad animali da esperimento (scimpanzé), si è rivelato efficace, non tanto nell' impedire il contagio, quanto nel ridurre l' evoluzione di un' infezione già in atto verso la malattia cronica (si tratterebbe, dunque, di un vaccino terapeutico e non preventivo). Un altro vaccino terapeutico è stato sperimentato su piccoli gruppi di pazienti infettati dal virus C del genotipo 1 (quello più frequente nei Paesi occidentali, Stati Uniti compresi) e già sottoposti a terapia anti-virale con interferon e ribavirina . Con risultati da verificare. Adesso la buona notizia è arrivata dal meeting annuale dell' American Society Of Advancement of Sciences (AAAS) che si è tenuto a Vancouver dove Houghton ha parlato dei suoi nuovi esperimenti. In uno studio cosiddetto di fase 1, quindi molto preliminare, i ricercatori hanno iniettato il prototipo di vaccino in 60 individui sani, hanno prelevato il loro sangue e lo hanno messo a contatto con i sei differenti tipi di virus C. E hanno scoperto che il sangue (o meglio gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario dei 60 individui) può neutralizzare tutte le varianti. Houghton è ottimista, ma con cautela. Prima di dichiarare vittoria nei confronti del virus C sono necessari altri test e, se tutto funziona, si dovranno calcolare un minimo di cinque- sette anni prima che un potenziale vaccino si renda disponibile nella pratica clinica. A.Bz. RIPRODUZIONE RISERVATA
Bazzi Adriana
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(11 marzo 2012) - Corriere della Sera

Aids: 689.969 telefonate a numero verde Iss in 24 anni, 74,2% maschi

19 Marzo 2012 - 13:28

(ASCA) - Roma, 19 mar - Maschio, under 40, eterosessuale e residente nelle regioni del Nord Italia. E' questo l'identikit di chi si e' rivolto al Servizio nazionale Telefono Verde Aids e Infezioni Sessualmente Trasmesse (Tva/Ist - 800.061.861) dell'Istituto Superiore di Sanita' nel periodo giugno 1987 - dicembre 2011. In piu' di 24 anni di attivita' il Tva/ist ha ricevuto un totale di 689.969 telefonate, potendo in tal modo definire il profilo della persona che predilige il mezzo telefonico per informarsi sull'HIV e sulle Infezioni a Trasmissione Sessuale.

Da febbraio 2012, inoltre, il Servizio di Hiv/Aids/Ist counselling telefonico, collocato all'interno dell'Unita' Operativa Ricerca psico-socio-comportamentale, Comunicazione, Formazione del Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediata dell'Iss si avvale della consulenza, due volte a settimana, di un legale che fornisce informazioni (in italiano e in inglese) sulla tutela dei diritti delle persone coinvolte nell'infezione da Hiv. La maggior parte delle telefonate finora pervenute riguarda la previdenza e l'assistenza (invalidita', permessi Legge 104/92, indennita', pensioni), la discriminazione e il mobbing sul posto di lavoro, nella scuola e nelle strutture sanitarie, sportive, ricreative. Di frequente le richieste degli utenti che accedono al Tva/Ist riportano episodi di violazione della riservatezza dei dati riguardanti la salute (in particolare la sieropositivita' e la gestione del relativo dato in diversi contesti). Meno frequenti, ma di non minore rilevanza per il carattere estremamente sensibile del tema, sono le richieste di informazione circa le responsabilita' penali in caso di contagio da contatto sessuale.

Delle 689.969 persone che negli anni si sono rivolte al Tva/Ist, il 74,2% sono di sesso maschile.

Il 78% di chi telefona ha tra i 20 e i 39 anni. Inoltre, dal Nord sono giunte 321.670 telefonate (46,6%), dal Centro 196.218 (28,4%), dal Sud 123.495 (17,9%), dalle Isole 43.304 (6,3%). Il gruppo di utenti piu' rappresentato e' costituito da persone non tossicodipendenti che hanno avuto contatti eterosessuali (382.182), in tale numero sono inclusi anche i clienti di prostitute e di transessuali che ne rappresentano il 29,0%. Anche i giovanissimi hanno scelto il Tva/Ist per reperire informazioni; circa 47.000 telefonate (pari al 6,8% del totale delle telefonate pervenute) sono state effettuate da ragazzi tra i 10 e i 19 anni d'eta': il 62,5% da maschi e il 37,4% da femmine.

Da novembre 1995 a dicembre 2011, inoltre, quasi 4.000 telefonate sono giunte da parte di persone straniere, di queste 1.025 (27,6%) da cittadini Africani, 916 (24,7%) da cittadini Americani, 848 (22,9%) da cittadini non appartenenti all'Unione Europea (non Ue), 575 (15,5%) da cittadini dell'Unione Europea (Ue), 324 (8,7%) da cittadini Asiatici e 5 (0,1%) da cittadini che provengono dall'Oceania.

Per 14 (0,4%) utenti non e' stato possibile individuare la provenienza. Solo nell'ultimo anno (1 gennaio - 31 dicembre 2011), il Tva/Ist ha ricevuto un totale di 18.146 telefonate, di queste l'87,5% da persone di sesso maschile.

Infine, da giugno 2010 gli esperti del Tva/Ist rispondono anche su tematiche inerenti le Infezioni a Trasmissione Sessuale (Ist). Tale attivita' di counselling telefonico e' stata avviata nell'ambito del Progetto ''Il counselling telefonico nella prevenzione delle Infezioni Sessualmente Trasmesse'', promosso e finanziato dal Ministero della Salute. Nei primi 18 mesi di lavoro sono pervenute al Tva/Ist 4.296 telefonate, in particolar modo da persone di sesso maschile (92,3%). Durante queste telefonate sono stati posti 18.368 quesiti, che hanno riguardato in particolar modo le modalita' trasmissione (58,3%) e quali esami clinici sono necessari per la diagnosi delle Ist (18,3%).

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Hiv. Italia unico Paese in Ue ad avere delle proprie ‘Linee Guida’

 

“Ci siamo battuti affinché l’Italia disponesse di un suo Documento di Consenso sul test per l’HIV, bene ora applichiamolo”. Ad affermalo Rosaria Iardino, presidente onorario di Nps (Network Persone Sieropositive), a margine della Conference Hiv in Europe appena conclusa a Copenaghen.

21 MAR - Clinici ed esperti da tutta Europa si sono riuniti per fare il punto sullo stato dell’arte della malattia Aids, dopo la recente richiesta fatta dall’Unione Europea, che faceva seguito ad una precedente del luglio 2008, ad ogni Stato affiliato di intervenire per regolamentare e redigere delle proprie Linee Guida sull’Hiv. L’Italia è il primo Stato membro dell’Unione Europea ad aver da poco redatto una propria legislazione che ha riguardato la riaffermazione della necessità di eseguire il test, proposto specifiche modalità di erogazione del test e della consegna dei risultati sul territorio nazionale e individuato i destinatari sensibili ai quali rivolgere l’offerta del test: infatti circa un terzo delle persone in Italia non sa di essere sieropositivo.

Il ‘Documento di consenso sulle politiche di offerta e le modalità di esecuzione del test per Hiv in Italia’ è stato redatto dalla Commissione Nazionale per i diritti di lotta contro l’Aids con il contributo di tutti i livelli Politico-istituzionali, Società Scientifiche e delle Associazioni di Pazienti. La realizzazione del Documento, ora che è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni, sarà obbligatoria per le Regioni. “Questo Documento – spiega una nota di Nps, Network persone sieropositive - è il maggiore risultato per un ‘Progetto’ portato avanti dai pazienti in prima persona ed è stato avviato grazie all’impegno del Parlamento Italiano che ha approvato all’unanimità una serie di mozioni in soli 2 mesi, quando di norma in Italia, per redigere documentazioni del genere c’è bisogno di iter burocratici di almeno 18 mesi”.

“L’Italia – ha dichiarato Rosaria Iardino, presidente onorario Nps - è stato il primo Paese europeo nel fare un passo importante su come e quando incentivare l’esecuzione del test Hiv: partendo dal presupposto che sono sempre gli Ospedali pubblici i luoghi naturalmente adibiti per l’offerta di un servizio di sanità pubblica e ovviamente l’Hiv ne è ‘regina’. L’unico aspetto che noi non condividiamo, e lo abbiamo fatto presente alla Commissione Aids e all’ex Ministro della Salute il Professor Ferruccio Fazio, è la questione dei grandi minori: cioè quei ragazzi che vanno dai 16 ai 18 anni. Oggi – ha continuato Iardino - il Documento non permette di poter accedere al test a questa fascia di età senza il consenso dei genitori, mentre prima era previsto solo dai 16 anni in giù. In questo modo andremo a perdere una delle fasce più fragili e che ha una percezione dell’Hiv del tutto irreale dei numeri e delle problematiche.”

Nps ha quindi rilanciato il problema di quanti sono sieropositivi senza sapere di esserlo. “Sull’Hiv in Italia c’è una situazione di sommerso estremamente importante (pari al 25%) sovrapponibile a molti altri Paesi europei e simile a quella degli Stati Uniti, che favorisce il perpetuarsi della trasmissione del virus”, ha spiegato Giuliano Rizzardini, Direttore Dipartimento Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera Luigi Sacco di Milano. “L’implementazione di politiche per l’offerta del test sono estremamente importanti (in questo senso l’Italia si sta facendo e si è fatta parte attiva), anche nell’ottica, come recenti studi hanno evidenziato, di come a seguito del riscontro di positività l’offerta e l’esecuzione del test sia ad oggi il miglior mezzo di prevenzione contro la diffusione del virus dell’Hiv”.


21 marzo 2012
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Tratto da: http://www.quotidianosanita.it/cronache/articolo.php?articolo_id=8054