“Ci siamo battuti affinché l’Italia disponesse di un suo Documento di Consenso sul test per l’HIV, bene ora applichiamolo”. Ad affermalo Rosaria Iardino, presidente onorario di Nps (Network Persone Sieropositive), a margine della Conference Hiv in Europe appena conclusa a Copenaghen.
21 MAR - Clinici ed esperti da tutta Europa si sono riuniti per fare il punto sullo stato dell’arte della malattia Aids, dopo la recente richiesta fatta dall’Unione Europea, che faceva seguito ad una precedente del luglio 2008, ad ogni Stato affiliato di intervenire per regolamentare e redigere delle proprie Linee Guida sull’Hiv. L’Italia è il primo Stato membro dell’Unione Europea ad aver da poco redatto una propria legislazione che ha riguardato la riaffermazione della necessità di eseguire il test, proposto specifiche modalità di erogazione del test e della consegna dei risultati sul territorio nazionale e individuato i destinatari sensibili ai quali rivolgere l’offerta del test: infatti circa un terzo delle persone in Italia non sa di essere sieropositivo.Il ‘Documento di consenso sulle politiche di offerta e le modalità di esecuzione del test per Hiv in Italia’ è stato redatto dalla Commissione Nazionale per i diritti di lotta contro l’Aids con il contributo di tutti i livelli Politico-istituzionali, Società Scientifiche e delle Associazioni di Pazienti. La realizzazione del Documento, ora che è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni, sarà obbligatoria per le Regioni. “Questo Documento – spiega una nota di Nps, Network persone sieropositive - è il maggiore risultato per un ‘Progetto’ portato avanti dai pazienti in prima persona ed è stato avviato grazie all’impegno del Parlamento Italiano che ha approvato all’unanimità una serie di mozioni in soli 2 mesi, quando di norma in Italia, per redigere documentazioni del genere c’è bisogno di iter burocratici di almeno 18 mesi”.
“L’Italia – ha dichiarato Rosaria Iardino, presidente onorario Nps - è stato il primo Paese europeo nel fare un passo importante su come e quando incentivare l’esecuzione del test Hiv: partendo dal presupposto che sono sempre gli Ospedali pubblici i luoghi naturalmente adibiti per l’offerta di un servizio di sanità pubblica e ovviamente l’Hiv ne è ‘regina’. L’unico aspetto che noi non condividiamo, e lo abbiamo fatto presente alla Commissione Aids e all’ex Ministro della Salute il Professor Ferruccio Fazio, è la questione dei grandi minori: cioè quei ragazzi che vanno dai 16 ai 18 anni. Oggi – ha continuato Iardino - il Documento non permette di poter accedere al test a questa fascia di età senza il consenso dei genitori, mentre prima era previsto solo dai 16 anni in giù. In questo modo andremo a perdere una delle fasce più fragili e che ha una percezione dell’Hiv del tutto irreale dei numeri e delle problematiche.”
Nps ha quindi rilanciato il problema di quanti sono sieropositivi senza sapere di esserlo. “Sull’Hiv in Italia c’è una situazione di sommerso estremamente importante (pari al 25%) sovrapponibile a molti altri Paesi europei e simile a quella degli Stati Uniti, che favorisce il perpetuarsi della trasmissione del virus”, ha spiegato Giuliano Rizzardini, Direttore Dipartimento Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera Luigi Sacco di Milano. “L’implementazione di politiche per l’offerta del test sono estremamente importanti (in questo senso l’Italia si sta facendo e si è fatta parte attiva), anche nell’ottica, come recenti studi hanno evidenziato, di come a seguito del riscontro di positività l’offerta e l’esecuzione del test sia ad oggi il miglior mezzo di prevenzione contro la diffusione del virus dell’Hiv”.
21 marzo 2012
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